Molti credono che i versi dialettali siano solo una sottospecie di poesia.
Es.
“Spuse d’argente” pag. 18:
… Viva sempre l’alligrije
pe’ Filippe e pe’ Lucije.
La poesia paesana invece tanto più è canto, quanto più arriva ad essere immediata elementare innocente.
Es. “La primavere” pag. 22:
So’ riviste ’nu cillucce
quande è state l’atru jére,
pazzijéve a scancallucce
e dicè: è primavere! …
La differenza tra il poeta in lingua e il poeta paesano non tocca la sostanza, ma è semplicemente formale. Ogni popolo ha sempre avuto quattro linguaggi: il letterario, il popolare, il dialettale e il vernacolo.
Il poeta in dialetto o in vernacolo è fratello minore del poeta in lingua. Più umile, perché apparentemente meno impegnato. Ma se si riflette, egli ha, deve avere, oltre al resto, anche occhi buoni e orecchi fini per osservare bene la sua gente, e sentire che fa, che dice e come lo dice.
Un vagabondo? No, piuttosto un cronista che sia allo stesso tempo un poeta, com’è questo giovanotto che pesa ed esamina i gesti e le parole della gente, e poi estrosamente trascrive ciò che ha visto e udito.
Es. “La tombele ’n Piazza Ranne” pag. 11:
… Alé, ci sta chi ciùfele e chi cante,
chi chiacchiere e chi magne li lupine
E’ un cronista, ma con la differenza materiale che il poeta dona e il cronista vende, e quella, altissima, morale, che il poeta può essere cronista, ma senza il contrario.
II
Ora che Cesare De Titta riposa, come un patriarca, sotto la sua terra che egli cantò da innamorato, e Modesto Della Porta se n’è partito prima di sera dai suoi cafoni, ed Alfredo Luciani ha ormai tutti i capelli bianchi, non poteva non sorgere nel nostro Abruzzo un altro benedetto figliuolo per prendere il posto dei Padri.
C’è venuto da Chieti, tenero e timido, ma ha un timbro di voce che forse non ci inganna.
Sii benvenuto, o giovine Poeta. Il saluto dei montanari è rude, fatto di poche parole, ma sincero e tutto cuore. Cogli pure le note della strada per i tuoi canti. Guarda anche il sole che ci viene dalla parte del mare a destare le colline verdi fra i pizzi dei monti e gli ultimi tratturi. Ma specialmente studia e onora la nostra, la tua gente: è il popolo più morigerato, più paziente, più laborioso del mondo.
III
Mi son chiesto perché Raffaele Fraticelli ha voluto farsi presentare da me. Non per meriti che non ci sono, ma forse perché io, come lui, sono nato lungo la Pescara, ho studiato a Chieti, e vivo appollaiato fra le creste della Majella, lontano dalla torbida, atroce febbre mondana. Uno strapaesano, alla fine.
Perciò ho accettato ben volentieri di presentare il giovine poeta che esce la prima volta dai suoi monti. E già volge la sguardo – e il passo – a Ortona.
Ortona il paradiso dei poeti abruzzesi, Ortona, con le sue maggiolate corali, fra il sole esteso dell’Adriatico, e l’ombra dolce dei chiomati olivi.