
Comprende le liriche Glasnost, Paradise piccirille e De qualu quarte sî
Anno di pubblicazione: 1989 – Vecchio Faggio Editore
PREFAZIONE
Don Mario Di Cola
Fraticelli poeta non è una scoperta di oggi. Lulluccio, come lo chiamano gli amici, è un cantore qualificato, specie nella bella parlata paesana. Chi non conosce la trasposizione in lingua del popolo degli stessi racconti evangelici? Chi non ricorda la caratterizzazione di “Zi’Carminucce” delle trasmissioni radiofoniche regionali? La valenza umana e poetica di questo felice novellatore in versi è nota. Ogni nuova produzione rappresenta, semmai, una conferma e una maturazione.
Quando mi è venuto tra le mani questo “Paradiso” fraticelliano – che non vuol competere con quello dantesco, oh no; questo è “piccirille”, è piccolo, modesto, più svelto nella forma e più angolato su personaggi minimi della vita – mi son messo a correre i versi con gli occhi in festa.
E’ la storia della Chieti minore di questo ultimo secolo. E’ la storia di una città, vista dal basso, come guardare l’albero dalle radici piuttosto che dalla chioma frondosa. Con che passione! che gusto!
Le piccole cose, la gente di strada, si sa, parlano al cuore con più sugo dei libri degli intellettuali. Il nostro poeta ha messo le loro voci in concertino, più che in un pianino scordato. Ha rivisto tanti popolani alla moviola prestigiosa di un ricordo che diventa celebrazione.
Il ricordo fa coraggio alla vita. Ricordare certi personaggi che ci sono passati accanto nel quartiere, nella città, nel nostro mondo di ieri, ci sostiene ancora nel cammino. Quando poi questi ricordi vengono rivisitati in poesia, è tutta allegrezza che vola. E’ vita che va.
Oggi c’è gente che si gioca l’anima con la politica che baratta confini e bandiere, con le aperture socio-economiche che promettono falsi paradisi, c’è gente che viene a patti con tutti in base ad un malinteso pluralismo, c’è gente che scambia la carità con la solidarietà, l’amore per il popolo con la demagogia populistica. Se il poeta di Chieti ha fatto la scelta dei poveri, se ha cantato gli umili, se ha spalancato il cuore ai personaggi minimi, agli ultimi, a chi non potrà certo ripagarlo con lusinghe di potere, è perché crede in un traguardo metastorico. Così, gli ultimi diventano i primi nella classifica della memoria devotamente celebrante, come lo sono diventati nella classifica del Signore.
Niente è tanto artistico quanto amare questo prossimo. Perciò, questa è poesia vera, di quella che il tempo non può scalfire, che va al di là dei confini momentanei e di maniera. E’ poesia delicata e pulita, davvero ispirata, dove la sintesi lirico-cromatica raccoglie parole timbriche e alitazioni confidenziali schiette, dove le immagini di luce passano, senza monotonia di replay, davanti agli occhi incantati.
Nei versi del Fraticelli non ci sono compiacimenti formali e stilismi di rigore espressivo. L’intrinsecità semantica è tutta nell’anima come una carezza al cuore. Se c’è un messaggio che illumina, non bisogna cercarlo nella ridondanza verbale e nella grandiosità quasi scenografica, ma nella voce sommessa dei personaggi, nel riflesso umile della loro vita.
In questo piccolo paradiso, c’è un respiro ampio, che fa subito lega, come breviario minimo per l’ora della gioia. Quella gente, tu la rivedi. E’ lì che cammina, che procede, come in lunga processione. E’ gente che sta compiendo i cento anni nell’al di là, ma ti passa ancora accanto, puoi parlarci.
Sembra una favola. Ma le cose vere somigliano alle favole e le favole sono realtà in libera uscita. C’era Attilio Chiuppa-ppà, c’era Elena ‘Ndo-ndo, c’era il cameriere Totò … E li rivedi, ancora oggi, così.
Passano questi personaggi, come girotondo di figurine semoventi. Il poeta li fa rallentare, li sottopone alla moviola, trova modo di aprire con essi un dialogo. Anche i morti dicono parole di vita agli occhi puri. Il poeta li sa ascoltare e la loro voce diventa una lezione preziosa. Una lezione che il poeta raccoglie, rielabora, mette in antologia, amplifica, partecipa. Come ha fatto Lulluccio. Da vero maestro. Chè il professionismo culturale resta in castigo fuori dall’uscio. Una visione … dantesca, allora? Una semplice rivisitazione storica, forse? Non sarà storia da manuale, non sarà storia da terza pagina, ma la puoi leggere come cronaca ancora viva, osservata dalla finestra di casa, scritta in punta di lapis, una narrazione che ti coinvolge nel vento della commozione. E’ poesia, appunto. E’ poesia che, tra tante scritture sbilenche e senza amore dei nostri giorni, riesce a strabiliare.
“La gloria di Colui che tutto muove”: attacca Dante, il poeta. “Nu monne nove, fatte di pulite”: canta Fraticelli, l’aedo degli umili, il poeta di Chieti. E la sua visione gioca una magia di favola. Provate ad aggiungervi una musica di sottofondo, avreste una scenografia da guardare con occhi adoranti.
La “moviola” mette in luce non solo un mirabile sforzo creativo ed una rara sensibilità poetica, ma scandisce la piena dei sentimenti, che vengono condivisi e donati per una crescita comune.
Ogni ricordo è un pensiero da meditare. Ogni personaggio ti fa sorridere e rifiettere. L’umorismo burlone, scherzoso e satirico insieme, rifà il verso a quel “picciriile”! Il momentaneo moto dell’anima si inserisce nel moto ascensionale, pur tra “li ruve ‘n zalite”, per giungere “alloche ammonte”, insieme agli ultimi per essere i primi, al di là della assurda società dei valori obbligati e dei rapporti convenzionali.
Il poeta ha detto grazie ai suoi piccoli – grandi protagonisti. Vogliamo noi dire grazie a lui?
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE – Glasnost – Paradise piccirille
Questa parola venuta da lontano ci dà l’occasione per qualche altra pagina di riflessione. Frugando tra i detti della nostra gente, ho notato che questo “suono” esisteva. Era avvolto nella saggezza antica … Pertanto, allacciato con le “voci” di un tempo, Glasnost, si fa motivo di amicizia e di augurio.
Sono grato ai personaggi rievocati con la moviola della nostra parlatura. Essi, con semplicità, sono passati per le strade di Chieti, in tempi diversi e lontani, ma tutti hanno lasciato significative impronte. Sono coloro che non si son fatti forti della propria sufficienza personale o di possibilità materiali, ma pure hanno indicato una dimensione di vita vera: Minimi che fanno scuola dal… Silenzio pulito.
Chiedo perdono agli altri protagonisti, tanti, che ugualmente ho visto ripassare tra i fotogrammi dei ricordi, ma non ho citati. Certo, mai nessuna celebrazione ufficiale richiamerà in vita questi amici: ma essi, con la loro umiltà – fatta a volte di ingenua bizzarria suggeriscono nuova meditazione, ricordandoci che: “Nin gi sta tètte che nen tè’ nu penge rotte!”.
Noi che li abbiamo conosciuti vivi, ieri, avvertiamo, oggi, la misura di come siamo stati e potevamo essere; di cosa potevamo fare e non abbiamo fatto. Con la speranza che questi richiami ai colori di … ” antiche stampe”, siano spunto di considerazione (non quella usa e getta!), ringrazio quanti mi gratificheranno con la loro attenzione.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE – De qualu quarte sî
Con saggia iniziativa, si stanno riportando in “luce” spazi perduti del centro storico di Chieti. Nelle piazze minori dei rioni popolari della nostra città, vengono organizzati concerti, spettacoli, danze ed incontri vari.
Piazzette e Larghi che hanno conosciuto “voci”, “rumori” e “giuochi fanciulleschi”, tornano finalmente a riaccendersi di vita.
Ciò, mi ha spinto a tirare fuori dal cassetto questi appunti in versi: testamento di immagini! per riproporli nella moviola dei ricordi. Gli antichi artigiani e li “bbardissce” dei vicoli, ravviveranno – in sogno- i colori dei vecchi quartieri.
Il nonno racconta …
In quel tempo, a Chieti, due erano i quartieri principali; lu quarte de sopre e lu quarte de sotte. Via Arniense formava la immaginaria via di demarcazione.
L’immemorabile attrito di rivalità e competizione tra gli abitanti dei due rioni, non si estingueva; pertanto le questioni più infuocate – quasi sempre – si decidevano … a sassate! I gruppi giovanili combattenti… si affrontavano “fuori le mura”.
(Forse il bellicoso spirito dei guerrieri marrucini, descritto dal poeta latino Plinio Italico, covava ancora sotto la cenere?).
“In battaglia vanno armati di zagaglie e portano fionde, solite a far cadere giù gli uccelli da grandi altezze …. ”
DIDASCALIE
( Tutti i personaggi di Paradise Piccirille )
(1) Za Caruline
Tessitrice al vecchio telaio a mano, in legno, lavorava al Borgo Marfisi. Noi bambini, passando dinanzi al suo « laboratorio » restavamo incantati nell’osservare quella misteriosa « macchina » che… fabbricava « rotoli » di lenzuola e di asciugamani.
(2) Cajtane « lu cice »
Antico carrettiere, di statura medio-bassa, anche lui «operava » al Borgo Marfisi.
Al termine delle sue giornate di trasportatore, slegava il cavallo dal carretto che «parcheggiava» all’entrata dell’abitato e l’animale con la sonagliera tintinnante se ne tornava tutto solo alla sua stalla.
Il buon Gaetano ci raccontava dei suoi avventurosi viaggi.
Quando mi aggiravo nei paraggi della sua abitazione, mi invitava ad entrare perché gli leggessi (ero studente di prima media!) qualche pagina dei suoi romanzi preferiti: Le avventure di Petrosino, del Conte di Montecristo, ed altri.
(3) Za Camillucce « càveze calate »
Anche Zia Camilla era di statura medio-bassa. Di professione fruttivendola. Esponeva la sua merce su di un trespolo in legno, a tre gradini, che « posteggiava » all’angolo tra Via Porta Reale (oggi Smeraldo Zecca) e Via Monaco La Valletta.
(4) Lauretta
Fruttivendola di più… vaste possibilità rispetto a Zia Camilla. Negoziava in un localetto sottostante il campanile della Chiesa SS. Trinità, sulla piazza omonima.
Dotata di notevole humour, sapeva intrattenere i giovani clienti con brillante comunicativa. Le sue caldarroste ci deliziavano nelle fredde sere invernali.
(5) Leonardo
(Non vedente, suonatore di mandolino anch’egli di bassa statura). Veniva guidato da un ragazzo che girava col piattino raccogliendo le offerte.
Leonardo, seduto sul suo sgabello, prendeva posto sul marciapiede all’imbocco del Viale che immette alla Villa comunale. I suoi delicati motivi, eseguiti con faticosi trilli sul mandolino, accompagnavano i passanti.
(6) Zapolle
Di mestiere: bidello del complesso bandistico « Città di Chieti ». Conoscitore dei più celebri brani musicali.
Dotato di un modulatissimo e potente fischio con la bocca. Passando lungo il Corso Marrucino (il traffico in quei tempi era quasi nullo!) sfoggiava il suo repertorio. Le sue « romanze » … fischiate con impareggiabile talento, si udivano a centinaia di metri di distanza.
(7) Attilio « chiu-ppa-ppà »
Tiratore di mantice a pedale, all’organo della Cattedrale di Chieti e crocifero nelle processioni.
Al contrario di Zapolle, era « allergico » al fischio! Infatti se questo sibilo era volutamente indirizzato verso di lui con la cadenza che riproduceva il motivo canzonatorio «chiu-ppa-ppà», «chiu-ppa-ppà!» diventava una mina vagante.
Sul principio Attilio ci teneva a far sapere che: «Tanto io non mi inc…»; ma più la fischiata insisteva e più la sua collera cresceva; fino ad esplodere in scene di delirante furore.
Questa sua ira rovente, fatta di urla ed improperi, « divertiva » giovani e… non giovani che cannoneggiavano il povero Attilio col fischio «chiu-ppa-ppà!», ogni volta che appariva per le strade di Chieti.
(8) Elena « ndo – ndò »
Caratteristica figura femminile, anch’essa di bassa statura. Vestiva con abiti un po’ fuori misura regalati da qualche buona signora.
Il suo innocente dialogare comunicava tenerezza; ed era piacevole invitarla a pranzo o a cena quando bussava alla porta, magari per un… semplice saluto (come amava ripetere).
(9) Giovannino cameriere: « Totò »
Cameriere di lunga carriera. Operatore presso uno dei più rinomati e centrali Caffè di Chieti.
Affettuosamente chiamato Totò per la sua marcata somiglianza con il grande Principe De Curtis.
Innamorato del suo lavoro, condiva il servizio con abbondanti dosi di simpatia, porgendo ai clienti – oltre alle consumazioni richieste – il suo talento di «memorizzatore» di soprannomi teatini. Era un vero gaudio ascoltare le sue coloritissime filastrocche.
(10) Ciurvette
Anch’egli di statura medio-bassa.
Di professione uccellatore. Avvolto con ampio e lungo mantello, aveva le labbra sempre atteggiate a fischierellare.
Viveva alla giornata, vendendo gli uccellini che riusciva a catturare con le reti.
Il suo punto fisso di vendita era ai piedi della gradinata della chiesa di S. Francesco al Corso. Qui deponeva a terra la gabbia contenente decine e decine di piccoli volatili e attendeva pazientemente gli eventuali acquirenti.
(11) Gerardo
Personaggio singolare che animava le strade di Chieti con le sue sortite.
Vestiva un lungo pastrano, girovagava appoggiandosi al suo bastone; per copricapo usava un vecchio berretto con visiera, abbondantemente imbottito di giornali piegati.
Conoscitore di bande musicali.
L’unica sua ardente passione era quella di « tastare » il fondo schiena delle giovanette che puntava con meticolosa cura. Nella gran parte dei casi – data appunto la sua rapidità di esecuzione! – usciva indenne e vittorioso dalle sue incursioni, e tra le risatelle dei presenti, si allontanava frettolosamente.
Riconoscente, salutava con la mano la sua vittima strasecolata. Nei casi disperati, la donna « tastata », lo rincorreva, colpendolo con oggetti di « pronto intervento ».
Da ciò, la prudente imbottitura del suo berretto.
(12) Rusine «la mmammuzzelle »
Alta non più di un metro e quaranta! (da questo forse il caratteristico soprannome?).
Come Zia Camilla e come Lauretta, anch’essa fruttivendola, ma in altro rione di Chieti.
Il suo negozietto, fornito di semi abbrustoliti, carrube, castagne ed altro ben di Dio, era tappa obbligata per tutti gli studenti che transitavano per il Piano S. Angelo (oggi Piazza Matteotti).
(13) Vincenzo « scudellare caminante »
L’impressione che si aveva incontrando questo personaggio, era quella di… una rastrelliera-piattaia ambulante!
Di professione « stagnaro ». Amava caricarsi la sua mercanzia che appendeva a grappoli, lungo tutta la persona (meraviglia di equilibrio!) e girava per le strade di Chieti in cerca di acquirenti.
Amava intrattenersi a chiacchierare con le casalinghe che lo attendevano sull’uscio di casa.
(14) Don Attilio
“Recapitatore” di fiori e piante. Era reperibile presso i fiorai di Chieti. Compìto e zelante, sbarcava dignitosamente il lunario. Spesso i destinatari dei bouquets lo intrattenevano per conversare e lui, allora, confidava che – nonostante la sua apparente modestia – discendeva da … nobile casata di artisti teatini!
(15) Annina “la cosse”
Abitava nel quartiere della Civitella. Si portava dietro questo nomignolo, assunto da un fatto … giovanile. Anima ingenua ed estrosa. Confezionava fiori di carta variopinta che smerciava per campare. Durante la crisi … bellica “scolpiva” i suoi fiori con pezzi di zucca gialla e con patate! La sua croce quotidiana era l’attraversamento dell’incrocio di Via Zecca con Via Ravizza: il Capo-Croce, ovvero: le sue … Forche Caudine. Perché lì, gli immancabili “sguazzonì”, con tono sarcastico, indirizzavano verso la povera Annina motti che riesumavano l’amara avventura della “cosse” (la gamba!). Fulmini e saette! Era come far brillare un’antica polveriera!
(16) Angelosante: “la manucce”
Portatore di handicap. Poteva spostarsi soltanto in carrozzella. Nonostante le sue mani fortemente deformate, riusciva incredibilmente in mille e mille lavoretti. Le minuterie fuori uso (bambole, accendini, macchinette fotografiche, occhiali, orologi, penne stilografiche ecc.) nella sua “miniofficina” tornavano a funzionare come nuove. Miracolo di volontà e di ingegno!
(17) Mastro Nicola … “Avanti Savoia”!
Di professione ciabattino. Operava nel Rione Pietragrossa. Tenacemente ancorato ai fattti della prima Guerra Mondiale che aveva vissuto in prima persona. Bastava mezzo bicchiere di vino (spesso offertogli da buontemponi sfaccendati!) per risvegliare la sua passione di … oratore. Nei crocicchi e nelle piazze, bloccava tutti. Col suo tono di voce stentorea rispolverava l’antico repertorio: la Casa Savoia, gli assalti alla baionetta sul Carso e sulla Bainsizza. Cittadini! …..
(18) Lu pianine
Antica pianola a manovella, montata su ruote, trainata a mano che diffondeva motivi di canzoni col suo caratteristico suono.
II trasportatore usava fermarsi nei crocicchi e nelle piazze di Chieti offrendo le canzoni del pianino; qui raccoglieva i pochi spiccioli dei passanti e degli « ascoltatori » che si affacciavano alle finestre delle case vicine.
Anche il pianino è rimasto personaggio amato, e meritatamente ha trovato posto tra i ricordi.