
Rievocazione in versi dialettali di personaggi della Chieti “minore” del recente passato *
Anno di pubblicazione: 1987 – Centro studi “D. Spezioli” – Teate
INTRODUZIONE
Mario D’Alessandro – Centro Studi “Domenico Spezioli”
Ha rovesciato i potenti dal loro trono
e ha innalzato gli umili. (Lc. 1.52)
Un omaggio a Chieti sui sentieri della memoria: Raffaele Fraticelli ha voluto allestire per Natale un suo personale Presepio che si anima di figurine uscite dalla bottega di qualche fantasioso artigiano di una volta.
Con un linguaggio familiare, da racconto vicino al focolare, proprio da «notte di Natale», come avveniva un tempo, Raffaele Fraticelli va alla riscoperta di personaggi che sono legati alla vita quotidiana della città, di personaggi che non avranno mai una lapide sui muri o su qualche monumento, ma che hanno trovato un cantore sensibile c partecipe della loro condizione di vita.
Chi ha conosciuto questi personaggi ha modo di fare un tuffo nella propria fanciullezza, chi li ha sentiti soltanto nei racconti divertiti dei padri, dei parenti, riuscirà ora a figurarseli in tutta la loro umanità di dolore e di sofferenza accettati con sentimento cristiano, quasi consapevoli tutti di essere i « poveri di spirito » delle « Beatitudini » evangeliche.
Non staremo qui a tessere elogi a Raffaele Fraticelli poeta in vernacolo tra i più apprezzati, perché altri più validi critici lo hanno già fatto, ma chi vuole dissetarsi con acqua fresca e limpida deve farlo leggendo questi versi semplici, a rima alternata, tra i quali si levano zampilli più alti e sonori: «sgrizze », « jommere », « ‘ngurdinizie », « fiquerasecche », tanto per ricordare alcune delle espressioni dialettali colte dalla vita di ogni giorno.
Il Centro Studi « D. Spezioli » che vuole far conoscere la storia di Chieti in tutti i suoi aspetti anche più umani e minori coglie questa occasione per contribuire a pubblicizzare questo poemetto di Raffaele Fraticelli, consapevole di offrire un riconoscimento all’artista e un omaggio ad una Chieti scomparsa che vale la pena di non far morire, almeno nei ricordi.
PREFAZIONE
Don Mario Di Cola
Fraticelli poeta non è una scoperta di oggi. Lulluccio, come lo chiamano gli amici, è un cantore qualificato, specie nella bella parlata paesana. Chi non conosce la trasposizione in lingua del popolo degli stessi racconti evangelici? Chi non ricorda la caratterizzazione di « Zi’ Carminucce » delle trasmissioni radiofoniche regionali? La valenza umana e poetica di questo felice novellatore in versi è nota. Ogni nuova produzione rappresenta, semmai, una conferma e una maturazione.
Quando mi è venuto tra le mani questo « Paradiso » fraticelliano – che non vuol competere con quello dantesco, oh no; questo è « piccirille », è piccolo, modesto, più svelto nella forma e più angolato su personaggi minimi della vita – mi son messo a correre i versi con gli occhi in festa.
E’ la storia della Chieti minore di questo ultimo secolo. E’ la storia di una città, vista dal basso, come guardare l’albero dalle radici piuttosto che dalla chioma frondosa. Con che passione! che gusto! Le piccole cose, la gente di strada, si sa, parlano al cuore con più sugo dei libri degli Intellettuali. Il nostro poeta ha messo le loro voci in concertino, più che in un pianino scordato. Ha rivisto tanti popolani alla moviola prestigiosa di un ricordo che diventa celebrazione.
Il ricordo fa coraggio alla vita. Ricordare certi personaggi che ci sono passati accanto nei quartiere, nella città, nel nostro mondo di ieri, ci sostiene ancora nel cammino. Quando poi questi ricordi vengono rivisitati in poesia, è tutta allegrezza che vola. E’ vita che va.
Oggi c’è gente che si gioca l’anima con la politica che baratta confini e bandiere, con le aperture socio-economiche che promettono falsi paradisi, c’è gente che viene a patti con tutti in base ad un malinteso pluralismo, c’è gente che scambia la carità con la solidarietà, l’amore per il popolo con la demagogia populistica. Se il poeta di Chieti ha fatto la scelta dei poveri, se ha cantato gli umili, se ha spalancato il cuore ai personaggi minimi, agli ultimi, a chi non potrà certo ripagarlo con lusinghe di potere, è perché crede in un traguardo metastorico. Così, gli ultimi diventano i primi nella classifica della memoria devotamente celebrante, come lo sono diventati nella classifica del Signore. Niente è tanto artistico quanto amare questo prossimo. Perciò, questa è poesia vera, di quella che il tempo non può scalfire, che va al di là dei confini momentanei e di maniera. E’ poesia delicata e pulita, davvero ispirata, dove la sintesi lirico-cromatica raccoglie parole timbriche e datazioni confidenziali schiette, dove le immagini di luce passano, senza monotonia di replay, davanti agli occhi incantati.
Nei versi del Fraticelli non ci sono compiacimenti formali e stilismi di rigore espressivo. L’intrinsecità semantica è tutta nell’anima come una carezza al cuore. Se c’è un messaggio che illumina, non bisogna cercarlo nella ridondanza verbale e nella grandiosità quasi scenografica, ma nella voce sommessa dei personaggi, nel riflesso umile della loro vita.
In questo piccolo paradiso, c’è un respiro ampio, che fa subito lega, come breviario minimo per l’ora della gioia.
Quella gente, tu la rivedi. E’ lì che cammina, che procede, come in lunga processione. E’ gente che sta compiendo i cento anni nell’al di là, ma ti passa ancora accanto, puoi parlarci.
Sembra una favola. Ma le cose vere somigliano alle favole e le favole sono realtà in libera uscita. C’era Attilio Chiu-ppa-ppà, c’era Elena ‘Ndo – ndò, c’era il cameriere Totò… E li rivedi, ancora oggi, così.
Passano questi personaggi, come girotondo di figurine semoventi. Il poeta li fa rallentare, li sottopone alla moviola, trova modo di aprire con essi un dialogo. Anche i morti dicono parole di vita agli occhi puri. Il poeta li sa ascoltare e la loro voce diventa una lezione preziosa. Una lezione che il poeta raccoglie, rielabora, mette in antologia, amplifica, partecipa. Come ha fatto Lulluccio. Da vero maestro. Chè il professionismo culturale resta in castigo fuori dall’uscio.
Una visione… dantesca, allora? Una semplice rivisitazione storica, forse? Non sarà storia da manuale, non sarà storia da terza pagina, ma la puoi leggere come cronaca ancora viva, osservata dalla finestra di casa, scritta in punta di lapis, una narrazione che ti coinvolge nel vento della commozione. E’ poesia, appunto. E’ poesia che, tra tante scritture sbilenche e senza amore dei nostri giorni, riesce a strabiliare.
« La gloria di Colui che tutto muove »: attacca Dante, il poeta. « Nu monne nove, fatte di pulite »: canta Fraticelli, l’aedo degli umili, il poeta di Chieti. E la sua visione gioca una magia di favola. Provate ad aggiungervi una musica di sottofondo, avreste una scenografia da guardare con occhi adoranti.
La « moviola » mette in luce non solo un mirabile sforzo creativo ed una rara sensibilità poetica, ma scandisce la piena dei sentimenti, che vengono condivisi e donati per una crescita comune. Ogni ricordo è un pensiero da meditare. Ogni personaggio ti fa sorridere e riflettere. L’umorismo burlone, scherzoso e satirico insieme, rifà il verso a quel « piccirille »! Il momentaneo moto dell’anima si inserisce nel moto ascensionale, pur tra «li ruve ‘n zalìte », per giungere « alloche ammonte », insieme agli ultimi per essere i primi, al di là della assurda società dei valori obbligati e dei rapporti convenzionali.
Il poeta ha detto grazie ai suoi piccoli – grandi protagonisti. Vogliamo noi dire grazie a lui?
AI LETTORI
Nota introduttiva dell’autore
Un desiderio di gratitudine mi ha spinto a scrivere questi versi.
Sentimento che mi è corso dietro per tanti anni, e finalmente trovo il tempo di staccare dalla memoria e fissare in poche paginette.
Sono grato ai personaggi che qui ho rievocato attraverso la moviola della nostra parlata. Essi, con semplicità sono passati per le strade di Chieti in tempi diversi e lontani, ma tutti hanno lasciato significative impronte.
Sono coloro che non si son fatti forti della propria sufficienza personale o di possibilità materiali, ma pure hanno indicato una dimensione di vita vera: Minimi che fanno scuola dal… Silenzio pulito.
Chiedo perdono agli altri protagonisti, tanti, che ugualmente ho visto ripassare tra i fotogrammi dei ricordi ma non ho citati.
Certo, mai nessuna celebrazione ufficiale richiamerà in vita questi amici; ma essi, con la loro umiltà, – fatta a volte di ingenua bizzarria, – suggeriscono nuova meditazione, ricordandoci che:
«Nin gi sta tétte che nen tè’ nu penge rotte!».
Noi che li abbiamo conosciuti vivi, ieri, avvertiamo, oggi, la misura di come siamo stati e potevamo essere; di cosa potevamo fare e non abbiamo fatto.
Con la speranza che questi richiami ai colori di un tempo, siano motivo di considerazione (non quella usa e getta!), a partire dal Natale che ci apprestiamo a vivere, ringrazio quanti mi gratificheranno con la loro attenzione.
R.F.
PERSONAGGI *
– Za Caruline
– Cajtane « lu cice »
– Za Camillucce « càveze calate »
– Lauretta
– Leonardo
– Zapolle
– Attilio « chiu-ppa-ppà »
– Elena « ndo – ndò »
– Giovannino cameriere: « Totò »
– Ciurvette
– Gerardo
– Rusine «la mmammuzzelle »
– Vincenzo « scudellare caminante »
– Lu pianine
* Un’edizione ampliata di Paradise Piccirille è contenuta in Glasnost, 1989, Vecchio Faggio Editore. Si faccia riferimento a questa pubblicazione per l’insieme completo dei personaggi e delle didascalie in italiano: vai a Glasnost.