
Quaderno d’arte con liriche dedicate agli artisti teatini G. Memmo, J. Murinko, L. Primavera e ad alcune delle loro opere riprodotte nel testo
Dedica dei quattro autori: Il desiderio di partecipare un augurio nuovo ci ha riunito in queste pagine. Frammenti di luce, colori e voci – in sincera sintonia – chiedono di entrare nelle ansie del nostro tempo, per recare un ritaglio di aria pulita.
Anno di pubblicazione: 1990 – A cura di CARICHIETI – I Nuovi Itineranti – Tecnova 2
PREFAZIONE
Dante Domenico Di Marzio
La Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti, che mi onoro presiedere, incoraggia la diffusione di questo Quaderno d’Arte, per l’ampio messaggio che contiene.
Il tema della luce così egregiamente illustrato con i versi e con i colori, è recepito nel suo pieno significato.
Alla soglia del terzo millennio, si avverte come mai il bisogno di comunicare con chiarezza: con trasparenza. Per questo ci uniamo alla voce dei nostri artisti.
Consapevoli degli impegnativi progetti futuri che attendono il nostro servizio – nel nuovo contesto (nella nuova dimensione) Europeo – cogliamo l’occasione per formulare auguri di serenità e di prosperità per tutti.
Chieti, Natale 1990
PRESENTAZIONE
Leo Strozzieri
Aperture incantate quelle dei dialetti, con articolazioni a fenditure astoriche o metastoriche: i disorientamenti del ritmo della storia infatti scompaiono accrescendo la profondità di uno spazio mitico come appunto quello dialettale. Ma il pericolo resta pur sempre la marginalità d’una letteratura vernacolare, motivato dall’incapacità (è forse una colpa?) di operare sul piano dell’astrazione essendo lingua plebea.
Entro tale perimetro dialettico vanno letti gli splendori e le crisi dell’uso della lingua viva del popolo; senza riproporre le grandi diatribe sul Bembismo o sulla Crusca ed il Purismo neoclassico, è evidente come la pluralità di esperienze sia stata storicamente tollerata fino all’unità d’Italia, perché poi un vero e proprio manicheismo linguistico aveva tolto alla poesia dialettale ogni presunzione artistica.
Nell’ultimo dopoguerra e cioè con l’ampio processo di democratizzazione della cultura, si è attuata un’interazione tra cultura egemone e quella popolare, dialettale che rigenerata da oracoli ideologici è uscita allo scoperto vincendo l’indifferenza e segnalandosi per incorrotta originalità.
Siamo proprio negli anni in cui si forma la generazione dei poeti dialettali nati tra il ’20 e il ’30. Raffaele Fraticelli è del 1924.
Ma ancora una volta la mai sopita tentazione dualistica riaffiora, poiché l’epopea popolare contrasta con l’edificazione del centralismo culturale esigito, alla fine degli anni ’60, dal boom economico e in particolar modo imposto dai nuovi mezzi radiotelevisivi, che gettano una grave ipoteca di morte sulle tradizioni linguistiche locali.
Contro questo pericolo di omologazione e di accentramento (sensibile al fenomeno fu lo stesso Pasolini) che equivarrebbe alla sparizione-dispersione delle ricchezze del passato e delle proprie origini, operano poeti come Fraticelli con un gusto quasi biologico nel contattare e proporre suoni, voci, immagini, miti desunti da aree popolari anche minuziose che brulicano in ogni piccolo paese della penisola. Parlare infatti di dialetti in Italia significa prefigurare lo splendore d’un mosaico dall’indefinito numero di tessere geografiche, che per esprimere la serena bisanzio necessitano della contiguità e delle variazioni infinitesimali del lessico in aree limitrofe.
Confesso la mia simpatia verso il poeta dialettale (di buon grado ho accettato di scrivere questo breve testo introduttivo a queste liriche che Fraticelli dedica a tre artisti teatini); mi piace la difesa proletaria d’un piccolo fuoco sacro contro le pretese annessionistiche d’una megacultura o di una megalingua universale.
L’alacrità seducente dell’autore, assai noto per le numerose pubblicazioni in vernacolo, verso la “poetica del luogo espressa con la lingua del luogo”, ha trovato fonti privilegiate d’ispirazione nelle opere di tre artisti operanti da sempre a Chieti e cioè Memmo, Murinko e Primavera.
Se da un lato essi hanno avuto una consacrazione oltre i confini dell’Abruzzo e talora anche d’Italia, pur tuttavia sono da considerare come gli interpreti più autentici della teatinità, intesa come patrimonio di cultura e di tradizione sociologica, nonché quale rapporto dialogico con un particolarissimo paesaggio ed un socratico chiarismo.
Così, quando Fraticelli parlando dei quadri di Memmo dice “sonne gnè nu fazzole strusciate a la luce de lu sole”, coglie in pieno il nucleo di trascendenza in tutta la produzione dell’artista. Il suo signum-sigillo archetipico è proprio la luce, fonte immota di verità che si pone al di sopra del ritmo della storia. Dipingere la luce per Memmo equivale a ridurre la divaricazione tra il presente e le origini, perchè lo spessore lirico di questo elemento spiritualizzante è identico ieri e oggi, come lo significa l’affinità riscontrabile tra la sua pittura e gli affreschi del ‘400.
Identica declinazione verso il primarium Fraticelli riscontra nelle opere di Murinko ove la presenza cristallizzata di oggetti carichi di valenze simboliche come le conchiglie, induce a sospendere le annotazioni sul diario del tempo.
La spinta ossessiva ad uccidere il divenire, insita in tutti i figli di Parmenide che sono gli artisti, decreta in Luciano Primavera la grande scoperta del principio di auto-identità del reale che relega a fenomeno transeunte i mutamenti storici. Questo concetto vuole esprimere il nostro poeta quando dice “Arréte a li piantune,/ sott’a chell’ombra tènere/ de fronne,/ alloche sta/ lu nide de lu monne … ” (Dietro gli alberi antichi, nascosto nell’ombra tenera delle foglie, c’è il nido del mondo). Questa ricerca del genesiaco, della protoepifania della luce accomuna un poeta dialettale di grande talento come Fraticelli ed i tre artisti, le cui opere anziché essere cantate con tono celebrativo, hanno mostrato una inusitata disponibilità alla descensio giubilante verso la verginità.
È quindi altamente positiva una simile operazione di parallelismo pittorico-linguistico tra operatori della stessa area geografica teatina, le cui memorie un’attenta opera di mecenatismo deve salvaguardare dalla distrazione e quindi dall’oblio.
INDICE
Prefazione del Presidente della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti
Presentazione – L. Strozzieri
’Na lùcia nove, 13
G. MEMMO (note), 15
Li quadre de Tanine, 17
Bagnanti, 19
Due donne con cappello, 21
Omaggio a Zurbaràn, 23
Natura morta (omaggio a Zurbaràn), 25
Donne all’aperto, 27
J. MURINKO (note), 29
Pace e sonne, 31
Conchiglia sui sassi, 33
Paesaggio invernale, 35
Conchiglie sulla sabbia, 37
Foglie silenti, 39
Scorcio di quartiere, 41
L. PRIMAVERA (note), 43
La mane de Luciane, 45
Allegoria della simulazione, 47
Allegoria della vita, 49
Omaggio al Veronese, 51
Omaggio a Goya, 53
Dialogo, 55
R. FRATICELLI (note), 57